Onorevoli Colleghe e Onorevoli Colleghi! - La questione del testamento biologico e quella dell'eutanasia si ripropongono sistematicamente all'attenzione dell'opinione pubblica ogni qual volta esse vengono sollevate nei drammatici appelli di persone che si trovano in condizioni che esse stesse ritengono inumane e insostenibili e che sono costrette a sopportare per la mancanza di una normativa adeguata all'attuale sviluppo della tecnologia medica, in Italia, come del resto anche in molti altri Paesi.
      La presente proposta di legge, redatta tenendo nella dovuta considerazione la normativa introdotta di recente in alcuni Paesi europei dopo approfondite discussioni e dibattiti e già ivi applicata da qualche anno, intende prendere atto del profondo pluralismo di valori, sensibilità e opinioni presente e profondamente radicato, in questa come in analoghe materie, anche nella nostra società. La normativa proposta, senza imporre a nessuno, e tanto meno al personale sanitario, di mettere in atto comportamenti che possano comportare un conflitto con la propria coscienza individuale, intende invece consentire a ciascun individuo di far valere la propria volontà, le proprie scelte di vita, i propri princìpi etici, filosofici o religiosi, la propria visione del mondo, la propria libertà e responsabilità individuali, in materie che, più di qualunque altra, devono, ad avviso del proponente, essere riconosciute come rientranti nella sfera di riservato dominio dell'individuo sugli argomenti che più intimamente e direttamente lo riguardano.
      Si propone quindi, anzitutto, che sia riconosciuto a ciascun individuo il diritto di formulare in anticipo la propria volontà, e si stabilisce che questa volontà venga rispettata nella stessa misura in cui già oggi essa deve essere rispettata se e finché lo stesso individuo è capace di intendere e di volere e gli viene richiesto di prestare l'indispensabile consenso informato a qualunque pratica sanitaria si renda necessaria o opportuna.

 

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      Nelle nostre società pluralistiche non è infatti possibile pretendere di imporre indiscriminatamente a ciascuno, in una materia che addirittura determina la sua esistenza in vita e la qualità della sua esistenza in vita, scelte che siano la conseguenza di princìpi, valori e concezioni dell'esistenza derivanti da opzioni religiose, che ogni individuo ha tutto il diritto di non condividere e di rifiutare ovunque sia tutelata la libertà religiosa e di coscienza. Ma non sarebbe neppure accettabile che la soluzione indiscriminatamente imposta agli individui fosse il risultato di maldestri e inammissibili compromessi, di natura alla fine soltanto politica, quali eventuali mediazioni che venissero stabilite in sede parlamentare fra le opzioni fatte proprie dalla religione dominante e alcune diverse sensibilità e scelte di valori di cui la politica intendesse o meno, a suo arbitrio, farsi portavoce. Qualunque scelta della politica che, in questo campo, pretenda di imporsi in modo uniforme sull'esistenza di tutti i consociati non potrebbe che essere vissuta e subita da un alto numero di diretti interessati come un'imposizione violenta, moralmente inaccettabile nella sua tracotanza, e anche particolarmente abietta perché esercitata su persone del tutto prive della possibilità di far valere la propria diversa volontà e di impedire che le scelte della politica sulla loro vita si sostituiscano alle loro scelte personali. Tanto più che, da molti anni ormai, ripetuti studi e sondaggi di opinione hanno largamente dimostrato che, se proprio si volesse (illecitamente) adottare una soluzione uniforme per tutti, per rispettare il volere della maggioranza essa dovrebbe semmai imporre un ricorso alla pratica dell'eutanasia, anche attiva, molto più generalizzato di quello che qualunque progetto di legge in materia possa mai pensare di proporre.
      Non è infatti possibile, nelle nostre società, stabilire, con una scelta politica uniforme per tutti, quale pratica medica sia da considerare «accanimento terapeutico» e quale no, quale soglia di dolore, fisico o psicologico, debba considerarsi «accettabile» indiscriminatamente per tutti e indipendentemente da scelte individuali e dalle ancora insondabili diverse percezioni determinate dalle diverse caratteristiche psicofisiche di ciascuno; non è, soprattutto, più possibile stabilire con una decisione politica valida per tutti quale sia il punto in cui il dolore fisico, il venir meno della speranza in condizioni di vita accettabili, l'estinguersi della possibilità di mantenere forme significanti di relazione sociale, o della lucidità mentale individuale, siano da considerare tali da rendere la sopravvivenza biologica imposta a un individuo nient'altro che una gratuita, ingiustificabile, feroce e spietata forma di tortura.
      Del resto, salvo il caso di morti improvvise, l'attuale livello di sviluppo della tecnologia medica rende, e ancora più renderà in futuro, sempre più spesso insensato parlare di «morte naturale». Oggi la tecnica rende infatti possibile, e sempre più lo renderà in futuro, prolungare a tempo indeterminato la nominale sopravvivenza biologica di persone che, fino a pochi anni fa, in mancanza di tali forme di ausilio artificiale, non si sarebbero mai trovate nelle condizioni oggetto delle controversie cui questa ed altre analoghe proposte intendono dare una risposta. Se l'attuale tecnologia medica consente scelte un tempo impensabili e amplia in tal modo la sfera di quel che ci è possibile fare, essa richiede anche che tale aumentata libertà di scelta messa a nostra disposizione risponda a consapevoli, responsabili, individuali decisioni umane.
      La presente proposta di legge intende precisamente mettere nelle mani degli interessati la libertà e la responsabilità delle nuove scelte rese oggi possibili dalla tecnologia, anziché lasciarle «confiscare» dai decisori politici o abbandonarle alle casuali propensioni individuali del personale sanitario o dei componenti di comitati etici ospedalieri. Essa risponde al principio che non si possono «mettere le mani addosso» a nessuno, neppure con le migliori intenzioni, senza il suo consenso e senza il concorso consapevole della sua volontà o, addirittura, in aperto contrasto con la sua espressa volontà individuale.
 

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